Tōru è il nome d’arte di Elia Vitarelli, toscano, classe 1993. Dopo la precedente esperienza musicale con i “Fiori di Hiroshima” , band con la quale ha condiviso palchi con artisti del calibro di Verdena, Edda , Calcutta e Fiumani, decide di dedicarsi ad un nuovo progetto che nasce da una più profonda esigenza individuale di esprimersi confrontandosi direttamente con la propria interiorità.Il 27 Settembre 2019 esce il suo primo singolo “Soli” per Pulp Dischi , premiato poi con il premio GiovaniSì durante l’edizione del Rockcontest 2019. Il 28 Febbraio 2020 esce, per Pulp Dischi/Artist First , l’album di esordio “Domani”. Dopo un tour di varie date lungo tutta la penisola, il 9 Settembre 2021 esce il suo primo libro “Coltelli e Crisantemi”, edito da Porto Seguro Editore, seguito da una serie di presentazioni musicate in centri culturali italiani. Il 22 Aprile 2022 viene pubblicato il nuovo singolo “Una Giornata Particolare / Zabriskie Point” presentato tramite un concerto speciale in formazione semi-orchestrale di sei elementi. Il 22 marzo 2024 esce il suo nuovo disco “L’Incontro”.
Intervista all'artista:
1. "L'Incontro" è il tuo secondo album dopo “Domani”. Ritieni di essere cambiato
musicalmente rispetto al tuo primo lavoro discografico e se sì in che modo?
Assolutamente si. Sebbene in “Domani” fosse già presente l’elettronica, si trattava di un tipo di
approccio molto più istintivo e , di conseguenza, meno consapevole. I suoni derivavano quasi
esclusivamente da quelli selezionati all’interno di un software che venivano poi modificati in
seguito. Il suono de “L’Incontro” è invece molto più preciso, costruito principalmente su tre
strumenti che rappresentano lo scheletro di questo album: un Prophet 6, una Nord Stage e un Korg
Lambda a cui sono molto affezionato. Tramite questi sintetizzatori ho cercato di creare una vera e
propria orchestra elettronica, che colora ogni spazio all’interno dell’opera. In effetti, mi sento
proprio di definirlo un disco orchestrale, a suo modo.
Un’altra differenza fondamentale rispetto al disco precedente, è la (quasi) totale assenza di
strumenti acustici, una scelta ispirata dal disco di Battiato “Orizzonti Perduti”.
Aggiungo poi che l’ultimo sostanziale cambiamento sta nella mia esecuzione vocale, che reputo
decisamente migliore e più sicura.
2. L’album parla di solitudine sviscerandone diversi aspetti. “Costruire” questo disco è stato
terapeutico per te?
È una domanda complessa, anche se credo che sia più giusto dire che non sia stato tanto costruire il
disco ad essere educativo quanto più vivere le esperienze o gli Stati emotivi che hanno fatto nascere
le varie canzoni.
I brani in questo senso non sono altro che istantanee di determinati momenti che , a loro volta,
compongono un vero e proprio percorso di conoscenza di se stessi tramite l’incontro con gli altri.
3. Cosa ti ha spinto mentre componevi “L’incontro” ad allontanarti dalle sonorità
contemporanee per immergerti nel mondo della sperimentazione? E cosa significa per te
“sperimentare”?
Citando Battiato: la musica contemporanea mi butta giù. Specialmente ,e mi duole moltissimo dirlo,
quella italiana. Ovviamente non mi riferisco al 100% delle produzioni ma alla gran parte di esse
che tende ad assomigliarsi in maniera terrificante. Stessi suoni, stesse dinamiche, stesse modalità di
esecuzione.
Trovo molto più interessante chi adotta scelte coraggiose cercando di andare aldilà di questi Stilemi
pre impostati. E per fortuna di esempi ce ne sono molti.
Il mio approccio sperimentale , aldilà del lato sonoro, consisteva nel cercare di dare un abito
differente alla forma canzone pur mantenendone alcune strutture. Il che è più complicato
paradossalmente: all’interno di un hard disk ho ore di improvvisazioni elettroniche più o meno folli
che potrei tranquillamente cercare di spacciare per avanguardia di qualsivoglia tipo. Ma , per quanto
mi riguarda , la vera sfida era mantenere un tipo di forma che avesse la sua identità comunicativa
legata al cantautorato, ma con uno stile inusuale per il genere.
In ogni caso sono perfettamente consapevole di aver scritto un disco complesso e fuori dai nostri
tempi. Alcune canzoni sono volutamente concepite per richiedere più ascolti, anche solo per
comprenderne i testi.
Mi sento di affermare che, nel bene nel male, si tratti di un disco che non assomiglia a niente che
attualmente è presente nel mercato musicale italiano.
Il che, a livello commerciale, è un suicidio. Ma va bene così.
4. Qual è il brano a cui ti sei sentito emotivamente più legato mentre qual è quello, sempre se
esiste, che eri insicuro di inserire nel disco?
Senza dubbio il brano al quale sono più legato emotivamente è “Oltre il Confine”, che ritengo la
miglior canzone che abbia scritto finora. Devo ammettere che ho avuto anche delle difficoltà nel
registrarla perché mi provocava un forte sentimento di commozione. La sua particolarità è che , pur
essendo in 5/4 (un tempo inusuale per la musica pop), suona molto “semplice”.
Il brano su cui invece avevo dei dubbi era “Cavie”, Ma solamente perché il suo testo sembrava
discostarsi un po’ dal concept generale dell’album.
Nonostante ciò, sono contento che sia presente: è un episodio musicale interessante, soprattutto per
il suo finale strumentale che, paradossalmente, è più lungo della parte cantata.
5. Perché ritieni che il tema della solitudine ma anche il superamento della stessa sia un tema
così importante da affrontare attraverso la tua musica? Quanto influisce il periodo storico in
cui viviamo e la generazione di appartenenza?
Il superamento della solitudine , per me, è facilmente accostabile al superamento del nichilismo.
Una volta che si accetta la totale assenza di significato delle cose, si comprende il nostro assoluto
potere che ci permette finalmente di scegliere a cosa dare valore, al di là di ogni pre concetto o
credo. Allo stesso modo, è necessario affrontare la solitudine per comprendere il vero significato
della condivisione e del contatto reciproco. Superare i deserti interiori, conoscersi e capirsi. Questo
concetto lo affronta molto bene il brano “Specchio”, dove la tematica in questo senso è
fondamentale. Tematica che, io personalmente, trovo strutturale all’interno dell’essere umano.
Se poi dovessimo trattare l’argomento rapportato ai nostri tempi, mi sentirei di dire che siamo
ancora estremamente succubi di un nichilismo passivo. Siamo privi di idoli, di credi, di principi. Ma
non ci sappiamo ancora prendere la responsabilità di crearne attivamente dei nuovi che ci possano
spingere verso una direzione differente.
E questo ci fa sentire, inevitabilmente, tremendamente soli, pietrificati e immobili.
Per questo credo che l’incontro sia fondamentale. Aprirsi, riconoscersi e capirsi per trovare in
questo piccolo miracolo, la spinta per un cambiamento o, per meglio dire, un miglioramento
reciproco. Per avere qualcosa in cui credere e da cui partire per lavorare anche sul resto.
6. Ci sono una serie di date in arrivo? Quali ti piacerebbe segnalare in particolare e quale
canzone non vedi l’ora di portare live per capire soprattutto il responso del pubblico…
Qualche data c’è , anche se ci stiamo ancora lavorando. Purtroppo la situazione per i musicisti
emergenti è a dir poco disastrosa, soprattutto dopo il Covid. Manca totalmente l’attenzione da parte
degli enti governativi: il ministero della cultura è una barzelletta e non ha la più pallida idea di cosa
significhi fare arte in Italia, soprattutto a livelli medio-bassi.
Al di là di questo, abbiamo fatto una splendida presentazione dell’album il 22 marzo scorso in cui
ho suonato il disco per intero, con l’aiuto di 5 splendidi musicisti. È stato uno spettacolo molto
emozionante, prodotto con l’aiuto di Pulp Dischi, che non smetterò mai di ringraziare per l’enorme
supporto che ha sempre dato a questo progetto.
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